There is no alternative?
Questa frase della Tatcher, che dalla stesse venne utilizzata come affermazione e non in modalità interrogativa, è stata talmente diffusa da venire introiettata nella cultura fino a diventare un elemento del reale. Attraverso questa ricerca ho tentato di trovare una possibile speranza, un’utopia, a cui si possa fare riferimento per un possibile futuro. Ho trovato certamente interessanti alternative tematiche ma nessuna “soluzione” generale al sistema di cose. Davanti a noi si pongono due strade alternative: l’utopia e la distopia.
EVE:
Come hai fatto a vivere così a lungo e non averlo ancora capito? Quest’auto ossessione (verso gli zombie, ndr.) è uno spreco di vita, che potresti dedicare a tutto ciò che rimane, contemplare la natura, coltivare la gentilezza e le amicizie e danzare. Sei stato molto fortunato in amore, se posso permettermi di dirlo.1
In un loop ininterrotto di pensieri si ritorna all’inizio: Only Lovers Left Alive. Questo dialogo è significativo come scelta del far finta di nulla, del proseguire con la propria vita come se la mancanza di prospettive e di futuro fosse inevitabile.
E così che tutto comincia e tutto finisce, come il finale del film, in cui i due vampiri decidono di ritornare ai loro istinti, come extrema ratio della loro carenza di nutrimento, o, più in generale, di un mondo meno ospitale, ma è davvero questo che dobbiamo sperare per il futuro?
L’elemento principale su cui basare l’utopia è quello ambientale. Il cambiamento climatico è il primo tema su cui necessitiamo risposte e cambi di rotta, senza risolvere questo enorme problema tutto il resto rimane fine a se stesso, ma un simile impegno richiede la prefazione già esposta in precedenza: non ci può essere alcuna presa di posizione seria sull’argomento ambientale senza un cambio radicale della nostra società. Non ci potrà mai essere un pianeta vivo sotto l’orda infernale del capitalismo basato sulla produzione sfrenata e sovrastimata.
Il che significa eliminare la creazione di bisogni da parte del capitale, ad esempio un buon punto di inizio potrebbe consistere nell’eliminare la pratica economica dell’upgrade.
Vista a livelli più organizzativi alcuni passaggi del Manifesto Accelerazionista potrebbero essere decisamente utili:
Lo sviluppo tecnologico oggi è soffocato dallo stesso capitalismo che lo aveva liberato a suo tempo. L’accelerazionismo è la condizione di fondo che le capacità tecnologiche possano e debbano essere affrancate dai limiti imposti dalla società capitalistica, e spinte oltre.2
Lo strumento tecnologico, poco considerato dalle forze anti capitaliste, se sfruttato fuori dalle logiche del potere, potrebbe trovare nuovo valore “tecnosociale”, trasformazione che potrebbe avvenire solo attraverso un profondo studio della materia e tornando a quelle aspirazioni davvero rivoluzionarie riscontrabili nei primi hacker. Ma su un elemento importante mi trovo in profondo disaccordo con lo scritto di Williams e Srnicek, la loro speranza in un postcapitalismo globalizzato, messa dagli autori in contrapposizione ad un ritorno verso il primitivismo, dal mio punto di vista rimane una scelta miope o perlomeno poco coraggiosa. Se da una parte credo sia corretto ricorrere ad un appropriamento culturale della tecnologia dall’altra fare riferimento a società globali vuol dire ricorrere a nuove forme di potere per la gestione delle cose. Solo all’interno di nuove forme di autogestione basate su nuovi utilizzi degli strumenti tecnologici possiamo scavalcare le logiche di potere presenti nell’attuale società.

Fotogramma della serie UTOPIA
Questa è la mia utopia, o meglio l’unica possibile speranza che sono riuscita a trovare per la sopravvivenza del genere umano.
Mi rendo conto però che un’utopia del genere richiede enormi sforzi da parte di tutti perciò credo esista un ulteriore via di fuga: l’estinzione programmata.
Questo tipo di pratica richiede uno sforzo davvero minimo e prevede la decisione di non avere figli e l’informazione attiva di modo che anche gli altri facciano lo stesso. Su questo principio si basa anche un movimento internazionale chiamato VHEMT, che propone di rinunciare volontariamente alla procreazione o, nel caso si sia già genitori, di non concepire altri figli. Questo tipo di pensiero non è originato dal nichilismo, bensì è proposto come unico modo concreto per sostenere l’ecosistema Terra e preservarlo dall’impatto della peggior specie animale, l’essere umano. Ovviamente i risultati di questa scelta, se mai venisse seguita da una percentuale importante di esseri umani, potrebbero essere visti solo successivamente la nostra morte e nel mentre (un mondo privo di nuovi esseri umani) la tristezza prenderebbe il sopravvento. A questo proposito torna alla mente film “I figli degli uomini” in cui la sterilità, non volontaria ma indotta da una degenerazione fisica della specie umana, ha preso il sopravvento e in tutto il mondo non nascono più bambini, e i pochi nascituri sono troppo deboli per sopravvivere, il contesto già triste e grigio viene rafforzato da una dittatura statale, le cui tracce nel film ci fanno dedurre che possa essere una condizione estesa di tutti i paesi occidentali, che rinchiude i profughi e gli avversari politici in microsfere completamente lasciate a se stesse ma ben militarizzate.
Una simile prospettiva, anche togliendo la sfera politica di contorno, non splende per allegria o ricchezza, ma forse è di poco diversa da quello che ci aspetta nell’attuale futuro di degenerazione della nostra società. In ogni caso la quantità di psicofarmaci presenti già oggi nella grande distribuzione potrebbe farci sopravvivere a qualsiasi contesto.
1 Solo gli amanti sopravvivono (Only lovers left alive), J. Jarmusch, Sound Mirror, USA, 2013, dialogo fra i due protagonisti.
2 A. Williams, N. Srnicek, Manifesto Accelerazionista, trad.it.M. Cupellaro, Gius. Laterza & Figli, Bari - Roma, 2018, pag.32.